L’emergenza regolata dalla comunicazione

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Le informazioni devono essere comunicate dagli Enti preposti, utilizzando linguaggi umani ed ecologici
La paura corre veloce; COVID-19 è il nome del nuovo Coronavirus. In condizioni di allarme nazionale, abbiamo tutti bisogno di essere informati solo ed esclusivamente dagli organi preposti alla “comunicazione ufficiale”. Le informazioni veicolate da tutti, non sempre sono verificabili e reali, si eccede, si amplificano sentimenti angoscianti che rischiano di contaminare lo stato d’animo della popolazione. E’prioritario che la comunicazione sia bilanciata tra notizia scientifica e integrata dalla “psicologia dell’emergenza”, capace di utilizzare codici e significati essenziali per il contenimento dell’ansia. Bisogna parlare ai cittadini con consapevolezza e responsabilità, senza dover manipolare la notizia. Ciò che ci imbarazza psicologicamente è la quantità soverchiante di sentimenti in formato “isterico” che circolano anche attraverso i mass media.

Incute incertezza e un profondo senso di decentramento, l’utilizzo di parole che trasmettono minaccia per la propria sopravvivenza. Il Governo sta cercando di sanificare la confusione dilagante, che tutti noi contribuiamo ad ampliare, quando condividiamo l’emotività di gregge, senza provare a contattarci, a sentirci, sollecitati dalle nostre paure ataviche. Quando non agiamo nello stato dell’IO Adulto, rischiamo di dare voce alle nostre parti piccole (stato dell’IO-bambino) che sopravvivono attraverso le false credenze. La disinformazione e la promiscuità di messaggi inattendibili, producono ansia che tende ad attivare il nostro cervello rettiliano, quello più antico. Un sistema innato che funziona secondo il modello “attacco o fuga”, ci salva quando sperimentiamo esperienze al limite della nostra sopravvivenza, ma può attivarsi anche in modalità pre-allarme, alterando l’esistenza.

L’uomo è stato in grado di comprendere le sue paure, attraversandole, sperimentandole sulla sua pelle, per poi riconoscerle e imparando a gestirle. Oggi ci spaventano le immagini delle cittadine in provincia di Milano cinturate per la quarantena. La piazza Duomo vuota, e le mascherine indossate, perché tutto questo ci mette difronte all’angoscia del rischio di morire. Siamo esseri umani: viviamo anche emotivamente, da adulti se attiviamo la nostra consapevolezza, riusciamo ad orientarci anche se all’improvviso restiamo al buio. Ma bisogna essere in grado di accendere la luce, in primis dentro di noi, per poi indicare all’altro come fare per dirigersi verso la piena realizzazione del sé. Ognuno di noi ha il dovere di provvedere a se stesso, alla propria incolumità, giungendo alla responsabilità soggettiva che alimenta il pensiero positivo che dona la fiducia verso il proprio sé.

Quando diveniamo capaci di sentirci, ovvero di riconoscerci nello stato mentale di adulti, entriamo in contatto pieno con le paure, le riconosciamo e rispondiamo con le nostre riflessioni, senza dover ricorrere al sentito dire, ai commenti dilaganti sui social. La paura se non viene regolata dal nostro emisfero sinistro, corre veloce come l’acqua di un fiume verso il basso. Nell’uomo l’incapacità di regolarsi attiva l’angoscia che ostacola il pensiero superiore, si attiva una sorta di momentaneo cortocircuito nell’informazione sinaptica. Questo processo aumenta il senso di inadeguatezza, con attivazione di una sintomatologia anche di tipo somatico. In queste condizioni avvertiamo l’impotenza umana che rischia di metterci ko, rispetto agli eventi della vita che invece passano veloci. Il Coronavirus adesso ci spaventa, perché potrebbe trasformarsi da epidemia in pandemia, sappiamo che al momento non abbiamo un vaccino per difenderci. Ma è anche vero che l’Organizzazione mondiale della sanità ci indica alcune misure essenziali per sentirci al sicuro. Esistono le linee guida per sopravvivere a questo virus che si propaga velocemente attraverso le vie aeree, per questa condizione il COVID-19 ci sta mettendo tutti a dura prova, perché ci impone di limitare il nostro consueto modo di vivere socialmente.

E’ un test severo, è un tempo di attesa, nel quale tutti noi dobbiamo imparare a convivere. La paura l’avvertiamo, ma se regolata in tempo e quindi contenuta grazie alla capacità di stare su se stessi, rispondiamo agli eventi non controllabili con maggiore senso critico. In questa condizione, siamo in grado di afferire al pensiero superiore, senza andare alla deriva, manifestando la nostra parte umana e civile. Il nostro Sistema Sanitario Nazionale rappresenta il riferimento di base, il faro che ci illumina sui protocolli validati dalla Ricerca e quindi riponiamo fiducia nei ricercatori, virologi e scienziati che si stanno adoperando per giungere ad una cura che ci farà percepire in sicurezza. Per adesso, non conoscendo bene questo nuovo Coronavirus, abbiamo urgenza di ottemperare alle direttive poste dall’Istituto Superiore della Sanità, per dare il tempo alla ricerca di giungere alla risoluzione. Ognuno può fare tanto per cooperare con la ricerca, disinnescando quella parte  di noi che mitiga sentimenti negativi, che non hanno nessun vantaggio per la sopravvivenza umana. In queste situazioni c’è bisogno di adeguarsi, riconoscendo che siamo in emergenza, assecondando le attuali prescrizioni medico sanitarie per renderci più resilienti rispetto ad un virus che per adesso conosciamo poco.

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